Il posto metteva i brividi. Sembrava un’antica necropoli senza cadaveri: solo mura in opus lateritium distrutte dai secoli e dall’incuria, o dall’oblio della storia. Mura decrepite, che sembravano unirsi e ramificarsi in più direzioni, a tratti svettando nel cielo nero rischiarato da un alone di luna giallognola.
Una necropoli, forse riemersa coi più recenti scavi archeologici, a due passi dalla città, di cui si scorgevano le luci in lontananza. O forse no. Forse era qualcos’altro.
Lui si spostò di qualche passo, verso quello che sembrava uno slargo e che somigliava a un vecchio anfiteatro. C’erano nicchie tutt’intorno, spalti e frammenti di marmo colorato. Anche il pavimento era ricoperto di marmi policromi e l’alone giallastro della luna rendeva quei colori quasi uniformi, spenti nella notte.
Fu allora che la vide: figura esile di donna che si staglia fra monconi di colonne doriche, in fondo all’anfiteatro, dove le mura, riavvicinandosi, formavano una specie di corridoio. Un figura che fuggiva. Un’ombra, pensò, un effetto ottico.
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