Mille chilometri sottoterra, con le mani lacerate, gli abiti stinti, le rughe e le occhiaie, prigionieri della gabbia madre, chiodi roventi che ci trapassano la scatola cranica, altoparlanti puntati dritti alle orecchie, sbarre che ci comprimono lo sterno e ci tolgono il respiro, orfani, vedovi, schiavi, delusi, in un’oscurità che ci perfora le pupille e ci spegne il cervello stiamo io e Max, placidi nonostante tutto. Il morbo dell’inutilità ci divora il midollo un morso dopo l’altro ma noi restiamo composti a guardarci andare alla deriva.
Dove dovrebbero esserci rabbia e dolore non c’è nulla. Nulla. Solo noia ed esausta rassegnazione. Alla deriva si va, io e il buon vecchio Max dalla barba di sei giorni.
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